You Can’t Go Home Again

Lo scrittore era Thomas Wolfe, americano. Il libro del 1940 dal titolo: “You Can’t Go Home Again” (“Non puoi ritornare di nuovo a casa”). L’ho letto circa 35 anni fa: qualcosa mi è rimasto impresso:
You can’t go back home to your family, back home to your childhood. Back home to the old forms and systems of things wich once seemed everlasting, but which are changing all the time.
BACK HOME TO THE ESCAPES OF TIME AND MEMORY.
Vi risparmio la traduzione, tanto ho constatato che in Italia tutti conoscono l’idioma inglese (o, almeno, lo credono!).
Anche il grande Bertolt Brecht scriveva:
NON PUOI RITORNARE A VISITARE IL BALCONE DAL QUALE SEI CADUTO.
Io sono ritornato, anche se come un meteorite, al visitare il mio balcone ed il mio paese. È stato sempre il “mio” paese e sempre sarà il “mio” paese.
Ho guardato le case. Tutte, una dopo l’altra, con occhio da intenditore. Anche se malandate, il tempo non perdona, le ho trovate belle, calde ed espressive. Mi parlavano. Ho toccato, timidamente, qualche porta: lo stesso legno, anche se sbiadito come la mia memoria. Il mio sguardo non si è soffermato sulle nuove costruzioni: non appartengono ai miei ricordi.
Le strade ben tenute. Nemmeno queste sono le mie strade. Se incontro qualcuno gli chiederò dove hanno portato “lu taju”.
Un continuo e monotono filare di auto parcheggiate, simbolo di tempi opulenti, mi fa sentire claustrofobico. Per respirare volgo lo sguardo all’insù. Adesso ci siamo: il cielo, quello sì, è sempre lo stesso. Lo ricordo: in 60 anni non è cambiato. Lo sapevo, qualcosa di originale lo avrei trovato.
Ho rivisto i miei familiari; ho rivisto i miei vecchi amici (pochi, in verità) Sono passato per tutte le strade. Ho rivisto, su ogni soglia, le stesse facce di 60 anni fa: Ecco Cummare Vittoria; là c’è la Maisthra;
C’anche Don Peppino, non solo, ancora porta gli stivali; ecco Cumpare Franciscu de L’Addornata. Come non ricordarlo: avevo solo nove anni e mi ha prestato il primo libro che ho letto: “Il Padrone delle Ferriere”. Accanto c’è Facciolo che sta per aprire la “potigha”. Ci sono tutti, li vedo e non ho dubbi.
Meglio chiarire che non avevo bevuto. Ero sobrio, purtroppo.
Non sbagliava Thomas Wolfe: “You can’t go back home again”.
Sparita la “funtana de la Papa”. Certamente molti di voi non l’hanno mai vista. Noi ragazzi “de la ruga” – chiedete a Nicola Iori – siamo cresciuti in quella fontana. Ci siamo mitridatizzati con le sue acque.
Sono sceso a Dorico: che delusione! Dorico dopo migliaia di anni è sparito.
Non è retorica: ho sentito qualcosa dentro di me che si volatilizzava, lasciandovi dentro un peso che ancora sta lì. Mi sono allontanato in fretta da quel luogo che era stato il mio Macondo, il mio Mississippi, la mia infanzia.
SIC TRANSIT GLORIA MUNDI. Questo è il progresso: cancella le memorie degli esseri umani, le memorie di chi torna a casa.
Se la galoppante età me lo permetterà ritornerò al mio paese:
I WILL GO BACK HOME
Peppino De Gennaro
Figlio di Ernesto De Gennaro: colui che ha costruito la chiesa di Santa Maria, ora Santuario.